Monti pallidi: le leggende degli antichi

Monti pallidi: le leggende degli antichi

Le ragioni scientifiche non sono meno affascinanti di quelle mitologiche ed è per questo che è estremamente suggestivo conoscere le storie e le leggende che raccontano le origini di ciò che ci circonda. È il caso dei Monti pallidi, il nome popolare della celebre catena montuosa delle Dolomiti. Che non si tratti solamente di un modo è testimoniato da quanto scrisse Dino Buzzati in Ma le Dolomiti cosa sono? Lo scrittore, infatti, parlando proprio del gruppo montuoso delle Alpi Orientali disse: «Sono pietre o sono nuvole? Sono vere oppure è un sogno?».

Un gioco di colori

L’origine del nome Monti pallidi, quindi, è legata indubbiamente al colore chiaro, chiarissimo, quasi inconsistente, tanto da poterlo paragonare alle nuvole o al ghiaccio. Questa dissolvenza del colore dei Monti pallidi si verifica solamente durante il giorno e la notte. All’alba e al tramonto, invece, queste montagne assumono un colore arancio acceso e rosato. La suggestione è estremamente esaltante e solo a immaginarla viene da commuoversi.

Le origini dei Monti pallidi

C’è chi dice si tratti di enrosadira

Il fenomeno è quello dell’enrosadira, un termine coniato appositamente per questo fenomeno tipico delle cime delle Dolomiti. L’etimologia della parola deriva dalla lingua latina rosadüra e tale termine è stato introdotto proprio per descrivere quanto accade sui Monti pallidi. Specialmente durante le notti dei mesi estivi (quando le giornate sono più lunghe e l’aria è più pulita), la colorazione delle pareti rocciose appare più evidente. L’intensità della colorazione varia a seconda del periodo dell’anno in quanto è il riflesso dei raggi del sole (nelle varie posizioni che assume durante l’anno) sulla roccia delle Dolomiti. Questa roccia, la dolomia, contiene magnesio e carbonato di calcio, che è alla base del fenomeno della enrosadira.

La principessa e la luma

I miti, come dicevamo, raccontano una storia diversa, non per questo più o meno vera. Gli antichi abitanti di queste zone narrano che c’era una volta (l’incipit di ogni racconto che si rispetti) il figlio di un re. Questi, nonostante possedesse tutto quello di cui aveva bisogno, era molto triste. La ragione? Voleva arrivare fin sulla luna. Nessuno era in grado di aiutarlo e la tristezza si radicava di giorno in giorno.

Una notte, girovagando nei boschi, si imbatterà in due anziani che, con grande stupore del principe, provenivano direttamente dalla luna. Per il principe fu un’occasione imperdibile e supplicò i due anziani di poter andare con lui. Essi acconsentirono e appena messo piede sul suolo lunare incontrò la Principessa della Luna e se ne innamorò perdutamente. Il principe le donò i rododendri rossi che si era portato dietro e la Principessa della Luna fu estasiata, tanto da innamorarsi anche lei di lui.

Sulla Luna tutto, anche i fiori, era di colore bianco e se questa cosa all’inizio fece emozionare il principe a lungo andare lo stancò. Finì per diventare cieco e non riuscire più a vedere altro che bianco. D’accordo con la sua principessa decise di abbandonare la luna e tornare sulla terra. Qui, nella zona che oggi conosciamo come Monti pallidi, il principe e la principessa si dedicarono alla coltivazione dei fiori bianchi che avevano riportato dalla luna. La gente del posto era entusiasta della loro bellezza e li accolse felicemente.

Dopo qualche tempo la principessa si ammalò e decise di ritornare sulla luna, spaventata dalle montagne nere che circondavano la terra. Il principe era distrutto, voleva aiutarle e rimanere con lei senza diventare cieco. Vagando per il bosco incontrò un nano, il re del popolo Salwàns, che era alla ricerca di un pezzo di terra nel quale stabilirsi con la sua gente. Il re promise al principe che lo avrebbe aiutato nel suo problema se gli avesse dato una mano.

Le promesse sono promesse e tutti i Salwàns, dopo essersi stabiliti nella loro nuova terra, staccarono dei sottilissimi fili di luce dalla luna e li utilizzarono per avvolgere le montagne. Queste non furono più scure e tetre e la principessa poté tornare a viverci con il suo principe. E vivere, per sempre, felici e contenti. Da qui la nascita dei Monti pallidi e del loro caratteristico colore.

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